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16:30
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10:00
19 Nov
martedì
10:00
L’usignolo e l’imperatore
Dai 3 anni
Testo di Roberto Piaggio
Da Hans Christian Andersen
Con Elena De Tullio
Regia di Antonella Caruzzi
Scene/luci ideazione e realizzazione degli oggetti di
Scena Elisa Iacuzzo
Realizzazione elementi scenografici Stefano Podrecca
Produzione CTA Centro Teatro Animazione e Figure Gorizia
La trama de L’usignolo e l’imperatore
Lo spettacolo è tratto dall’omonima fiaba di Hans Christian Andersen, con in appendice una breve filastrocca liberamente ispirata ai quattro musicanti di Brema dei fratelli Grimm. In un grande paese del lontano Oriente domina un imperatore che vive in un grande palazzo circondato da un meraviglioso giardino che digrada fino al mare. Proprio all’estremo limite del parco abitava un usignolo dal meraviglioso canto: chiunque l’ascoltasse, ne veniva ammaliato. Un giorno giunse nelle mani dell’imperatore un libro che parlava delle meraviglie della sua città e del suo palazzo. Ma “il prodigio più grande è l’usignolo che vive nel giardino dell’imperatore”. L’imperatore, interdetto, ordina al suo aiutante di campo di portargli immediatamente quell’usignolo del quale nessuno dei suoi gli aveva parlato mai. Tutta la corte si mette alla sua ricerca: l’unica che lo conosce perché va ad ascoltarlo in tutti i momenti di grande tristezza è una povera sguattera, che li conduce là dove ai margini del bosco vive il piccolo uccellino.
L’usignolo viene così invitato a palazzo, dove è stato preparato per lui un bellissimo trespolo d’oro. Il suo canto è così meraviglioso che l’imperatore lo costringe a rimanere per sempre alla sua corte dandogli una sua gabbia personale tutta d’oro, e il permesso di uscire a passeggio due volte al giorno ma scortato da dodici lacchè che lo tenevano legato ad una zampina con un nastro di seta. Passa il tempo e un bel giorno l’imperatore riceve in regalo dall’imperatore del Giappone un usignolo meccanico tutto costellato di pietre preziose. Il canto dell’usignolo meccanico era veramente bello, e poi l’usignolo meccanico era più piacevole a guardarsi dell’usignolo vero dall’aspetto così insignificante.
Tutta l’attenzione fu rivolta così all’ultimo arrivato e l’usignolo vero approfittò di questa distrazione collettiva per fuggire dalla finestra aperta verso il suo bosco. Ogni giorno l’usignolo meccanico ripete il suo canto, sempre uguale e sempre alla stessa maniera. Passa così un anno intero, finché una sera sul più bello si sentì un crac e la musica si fermò. Nessuno poteva farci nulla…. Solo l’orologiaio di corte riuscì a fare qualcosa, ma disse che bisognava farlo cantare sì e no una volta all’anno perché i denti delle ruote erano troppo logori. Passarono altri cinque anni e l’imperatore si ammalò. Giaceva freddo e pallido nel suo letto e una sera vide che la morte gli era ormai vicina. “Canta benedetto uccello, canta!” implorava invano l’imperatore, ma c’era solo un terribile silenzio. Ed ecco dalla finestra un canto meraviglioso di consolazione e di speranza che riuscì a vincere anche la morte. “Come potrò ricompensarti… – disse allora l’imperatore – E pensare che io ti ho preferito l’uccello meccanico che, adesso lo capisco, canta senza anima alcuna. Resta sempre con me!” “Non posso vivere a palazzo, ma canterò per il tuo cuore ogni volta che ne avrai bisogno”. Così disse l’usignolo al suo imperatore. E continuò a cantare tutta la notte finché l’imperatore riprese le sue forze. Poi volò via.
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